Congo, Nord Kivu: il conflitto continua a devastare la Repubblica Democratica

Il nord-est della Repubblica Democratica del Congo (RDC) è ancora una volta teatro di violenze e tensioni geopolitiche. Il 4 febbraio 2025, l’Alliance Fleuve Congo (AFC), braccio politico della ribellione M23, ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale, presentandolo come una risposta alla crisi umanitaria in corso. Tuttavia, il governo congolese accoglie la decisione con scetticismo, continuando a denunciare il sostegno del Ruanda ai ribelli.  

La provincia del Nord Kivu è da settimane al centro di intensi scontri tra l’esercito congolese (FARDC) e i ribelli del M23, che a gennaio hanno conquistato Goma, causando l’esodo di oltre 400.000 persone e centinaia di vittime. La crisi ha radici profonde, legate a conflitti etnici, politici e ingerenze estere che affliggono la regione dai tempi del genocidio ruandese del 1994.  

Violenza e controllo dei minerali

Oltre alla violenza, il controllo delle immense risorse minerarie della RDC, come coltan, oro e cobalto, alimenta il conflitto. Il traffico illegale di minerali, stimato in miliardi di dollari, rappresenta una delle principali fonti di finanziamento per i gruppi armati, con gravi ripercussioni economiche per il paese.  Kinshasa dispone, infatti, delle più grandi riserve al mondo di minerali critici (CRM) essenziali per lo sviluppo della filiera tecnologica e digitale, oltre che di oro. L’estrazione dei cosiddetti 3T (coltan, stagno e tungsteno), materiali indispensabili nell’ambito della strumentistica elettronica, è tra i principali motivi alla base della lotta con i ribelli del M23 e con il Ruanda.

La comunità internazionale osserva con preoccupazione, mentre le grandi potenze come Cina e Stati Uniti competono per l’accesso a queste risorse strategiche. La Repubblica Democratica del Congo si trova, così, al centro di una complessa rete di interessi globali, che rischiano di aggravare ulteriormente la situazione.  

Serve un’azione urgente per fermare la violenza, proteggere i civili e affrontare le cause profonde del conflitto.

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