DiEM/MERA25 Italia non aderisce a “Una piazza per l’Europa”

Di fronte al drammatico incremento delle tensioni internazionali, le istituzioni europee appaiono irrimediabilmente allontanarsi dai valori fondanti dell’Unione Europea enunciati nella lettera di Ventotene. 

In questo contesto, infatti, la cooperazione tra gli stati come strumento per garantire la pace, l’importanza di superare il nazionalismo e il militarismo, l’utilizzo delle risorse per il progresso civile e sociale, anziché per guerra e armamenti, sono severamente messi in discussione

Rinuncia alla posizione di negoziatore

Nel conflitto russo-ucraino, l’UE ha rinunciato a svolgere ruolo di negoziatore, scegliendo di entrare attivamente in guerra con la fornitura di armamenti ad uno dei belligeranti, a traino dei governi extra-europei di Gran Bretagna e USA, favorendo l’escalation militare anziché promuovere un’iniziativa politica per la pace.

Allineandosi docilmente alla posizione della NATO, le istituzioni europee hanno trascurato i tentativi di intermediazione e i piani di pace avanzati da attori terzi, come la Cina,  e a oltre due anni dall’invasione russa confermano ostinatamente questa linea, nella irrealistica convinzione che la soluzione finale del conflitto possa essere la vittoria sul campo dell’Ucraina, cui puntare attraverso un aumento costante delle forniture di armi.

Con l’arrivo di Trump e la concreta possibilità di negoziati che escludano l’Unione Europea, l’Ucraina rischia di trovarsi di fronte a condizioni ben peggiori rispetto a quelle che avrebbe potuto ottenere in passato, stabilite senza il suo diretto coinvolgimento e con il gravoso onere di ripagare il “debito di guerra” cedendo lo sfruttamento delle proprie risorse naturali.

Svolta bellicista di ReArm Europe

In questo contesto, riteniamo che la svolta bellicista sancita con il piano “ReArm Europe”, presentato dalla presidente della Commissione Europea, sia veramente allarmante. Di fronte al progressivo disimpegno americano, questo progetto prevede lo stanziamento di 800 miliardi di euro per potenziare le capacità militari del continente, la possibilità per gli stati di non rispettare la clausola di stabilità (aumentando la spesa per la difesa anche oltre il limite del 3% di deficit senza incorrere in infrazioni) e di utilizzare i fondi di coesione, finora orientati esclusivamente allo sviluppo civile, per progetti di difesa militare, e alla Banca Europea per gli Investimenti di supportare l’industria della difesa con prestiti agevolati e garanzie. 

Nell’Europa dell’austerità e del rigore di bilancio le ferree restrizioni all’aumento della spesa pubblica si affievoliscono dunque in nome del rafforzamento degli armamenti e delle capacità difensive. Si tratta di un vero e proprio ribaltamento dei valori fondanti dell’Unione: in base al principio “Se vogliamo la pace, prepariamoci alla guerra”, ripetutamente proposto dai vertici della UE, gli investimenti in sanità, welfare, istruzione e ricerca, verranno necessariamente ridotti,  per dirottare risorse verso l’industria delle armi. Queste misure conducono l’Europa verso un’economia di guerra, con effetti devastanti sulle politiche sociali ed economiche, riducendo gli investimenti in welfare e servizi essenziali.

La nostra idea di Europa

Non è questa l’Europa che vogliamo, pertanto non aderiamo all’appello che ha lanciato la mobilitazione “Una piazza per l’Europa”, che riteniamo vago e vuoto di contenuto politico.

In contrasto, promuoviamo con forza la  nostra idea di un’Europa democratica e non allineata, che adotti una politica estera basata sulla diplomazia ed un rilanciato multilateralismo, rifiutando il riproporsi della logica dei blocchi militari contrapposti e il paradigma della deterrenza, fondato sulla rovinosa convinzione che per garantire la sicurezza internazionale sia necessario aumentare le spese militari.

Crediamo invece che la pace e la stabilità internazionale possano essere raggiunte attraverso politiche che promuovano la giustizia sociale, economica e ambientale: l’Europa deve trasformarsi in una grande potenza multinazionale, che metta a frutto la sua straordinaria forza economica, scientifica e tecnologica per promuovere un’equa distribuzione delle risorse tra i popoli, ridurre le diseguaglianze, sconfiggere la povertà e investire nella transizione ecologica.

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