“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro“, recita la Costituzione italiana all’articolo 1.
Ma cosa succede se il lavoro perde sempre più valore? La globalizzazione, insieme a tecnologie che rafforzano la centralizzazione della ricchezza, come l’intelligenza artificiale, sta generando masse di disoccupati che non riescono a reinserirsi nel mercato del lavoro. Come possiamo evitare di mettere il capitale finanziario al primo posto? Come possiamo salvaguardare la dignità di migliaia di lavoratori? In una domanda: come possiamo immaginare e costruire un’economia diversa?
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Nessuno ha una risposta chiara. Eppure, esistono progetti che non alimentano solo l’immaginazione, ma gettano basi concrete per una nuova visione in grado di ripensare la giustizia economica e ambientale, fondata sulla solidarietà e la partecipazione democratica.
Il Collettivo di Fabbrica GKN
Il Collettivo di Fabbrica GKN è un collettivo di lavoratori nato da una lotta operaia a Campi Bisenzio, vicino Firenze. Nel luglio 2021, il fondo d’investimento britannico Melrose ha annunciato la chiusura improvvisa della fabbrica GKN, specializzata nella produzione di semiassi per il settore automobilistico, licenziando oltre 400 lavoratori, da un giorno all’altro, con un’email. In risposta, i lavoratori hanno occupato lo stabilimento, mettendo i loro corpi in prima linea per resistere alla chiusura della fabbrica e difendere i propri posti di lavoro.
In poco tempo, una vertenza sindacale nella periferia di Firenze è diventata un simbolo nazionale di resistenza contro la deindustrializzazione e la precarietà. I lavoratori del Collettivo di Fabbrica GKN sono riusciti a resistere agli attacchi, alle cause legali, a mesi senza stipendio e l’hanno fatto non chiudendosi in sé stessi, ma aprendo la loro lotta a tutti. Perché nessuno si salva da solo.
E se vogliamo costruire un futuro veramente alternativo alla pochezza del presente che ci circonda, fatto di individualismo, precarietà, di guerre tra poveri e il resto ai ricchi, allora questo futuro lo dobbiamo costruire necessariamente in collettività, e lo dobbiamo fare qui e oggi.
Interconnessioni tra lotte e movimenti
Per questo motivo questa lotta operaia locale si è intrecciata con i movimenti per la liberazione della Palestina, con l’attivismo ambientalista, con le lotte femministe e per i diritti delle persone queer, con altre vertenze operaie, con movimenti italiani, stranieri e internazionali. E soprattutto ha tessuto rete, ha creato comunità, uno spazio per lottare, organizzarsi, ritrovarsi, discutere, ridere, cantare, mangiare insieme; vivere, per dirla in una parola.
E ora? Ora è tempo di rimboccarsi le maniche e costruire un modo diverso di fare politica e di fare produzione. Il collettivo vuole riconvertire la fabbrica in un polo pubblico e autogestito dedicato alla mobilità sostenibile e alla produzione di energia rinnovabile, aperto alla città e alla società civile. E per fare questo hanno aperto una campagna di azionariato popolare, a cui cittadini e organizzazioni possono aderire per partecipare alla reindustrializzazione.
E MERA25 vuole fare la sua parte.
MERA25 sta raccogliendo fondi per entrare nell’azionariato popolare. Non metteremo solo il nostro denaro: ci metteremo il nostro impegno e le nostre competenze per sostenere un progetto con i piedi saldi sul terreno, ma che punta al cielo. Nel prossimo mese, raccoglieremo fondi con questo obiettivo.
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E noi vogliamo stare dalla parte giusta.
Foto: Gli operai GKN Andrea Sawyer
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