DiEM25 è il Movimento nato per democratizzare non solo l’Unione Europea, ma anche le istituzioni nazionali. Avendo questa aspirazione, DiEM25 ritiene essenziale riaffermare la centralità delle assemblee elettive a tutti i livelli istituzionali, da quello sovranazionale a quello municipale.
Il funzionamento democratico delle istituzioni statali è ancora uno snodo fondamentale oggi e lo sarà finché non si realizzerà il progetto di DiEM25 per un’Europa unita, decentralizzata, pluralista e egualitaria. Finché non sarà superato il ruolo del Consiglio, come espressione del potere di condizionamento dei singoli Stati sulle politiche europee, sarà impensabile il ridimensionamento del ruolo dei governi nazionali, a cominciare da quelli di Germania e Francia.
Guardando al nostro Paese, è pur vero che il Parlamento italiano non funziona, ma non è certo il taglio del numero delle “poltrone” che può risolvere il problema: troppe leggi, quasi tutte scritte o imposte dal Governo, troppo contenzioso con le Regioni, troppe leggi inattuate per mancanza di decreti attuativi, poca trasparenza, scarsissima capacità di controllo, di verifica e di valutazione delle attività dell’esecutivo. I due tentativi di riforma costituzionale, di Berlusconi e di Renzi – entrambi finalizzati ad un ulteriore rafforzamento del Governo rispetto al Parlamento – sono stati respinti dal verdetto dei referendum popolari.
La recente approvazione definitiva della riduzione del numero di parlamentari, a fronte di un mero impegno pro futuro sulla revisione sia dei regolamenti parlamentari, sia del ridisegno dei collegi, sia della legge elettorale rappresenta un cedimento alla linea del M5S a favore della democrazia diretta, a discapito della democrazia rappresentativa, oltre che ad un sentire profondo “anticasta” dell’opinione pubblica.
In astratto, 200 senatori e 400 parlamentari potrebbero anche bastare. Il problema, tuttavia, non è quantitativo, ma di qualità e funzionalità democratica. Cosa fa il Parlamento? Come funziona, come rappresenta la sovranità del popolo, di cui è la prima espressione? In concreto, questa riduzione produce, stante l’attuale legge elettorale, un drastico restringimento della rappresentanza dei territori e delle minoranze. Con collegi assai estesi diviene inevitabile il ricorso ad un sistema elettorale proporzionale. Questo è il primo impegno per tutto il campo progressista.
Rispetto all’azione del Parlamento, il problema è molto più ampio dell’adattamento tecnico dei regolamenti parlamentari, perché questo lascerebbe irrisolte le criticità presenti. E’ il momento di affrontare la questione tutta intera, perché è cruciale per la connotazione democratica dell’intero ordinamento. I problemi sono noti: il rapporto con gli altri livelli istituzionali (UE in alto, Regioni e comuni in basso); il rapporto con l’esecutivo (Governo e Amministrazioni); il rapporto con il popolo italiano e le sue espressioni organizzate.
Attualmente il problema più serio è quello del rapporto con le Regioni, perché le procedure per la realizzazione dell’autonomia differenziata – se portate a termine – non solo aggreverebbero le gravi disuguaglianze in atto tra Nord e Sud del Paese, ma porterebbero a compimento una disarticolazione delle politiche pubbliche e del funzionamento dello Stato. Per evitare ciò, occorre superare il modello del “federalismo concorrente“, divenuto federalismo conflittuale, fatto di innumerevoli contenziosi costituzionali tra Regioni e Stato.
E’ necessario aggiornare l’impianto regionalista della nostra Costituzione mantenendo da un lato una competenza legislativa delle Regioni sulle materie di interesse territoriale, conservando dall’altro un ruolo perequativo e un quadro generale di coerenza normativa e amministrativa del sistema, in collegamento alle politiche dell’Unione Europea. Serve trasformare il Senato in una Camera delle autonomie, per rafforzare la democrazia dei territori, che sia sede di composizione degli interessi localistici, col potere di produrre leggi generali sulle materie di competenza, che coordini in un quadro coerente le specifiche leggi regionali e, soprattutto, che produca politiche pubbliche articolate localmente ma coerenti e forti. Le altre questioni inerenti al ruolo delle Camere vanno affrontate a partire da questa riforma fondamentale, che dovrebbe essere fatta propria dall’intero campo progressista.
Bisogna concentrarsi sulla riforma, più che sul referendum abrogativo. Quest’ultimo – sempre ammesso che si raccolgano le firme – porterebbe ad un match tra “casta” e “anticasta”, destinato a confermare il taglio dei parlamentari, visto l’orientamento della maggioranza dell’opinione pubblica, ormai condizionata dall’antipolitica e distolta dal fondamentale obiettivo, quello si irrinunciabile, di una compiuta riforma delle Camere, finalmente in senso democratico.
Antonio Zucaro Dsc Roma 13 e Antonella Trocino Collettivo Nazionale
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