Il caso Ramy Egmal e la violenza sistemica delle forze dell’ordine

Quelle che seguono sono le scioccanti parole dei carabinieri impegnati il 24 novembre, a Milano, nell’inseguimento di due ragazzi del quartiere Corvetto in motorino, che si conclude con la drammatica morte di uno di loro: Ramy Elgaml, 19 anni, rimasto schiacciato contro il palo di un semaforo, nell’incidente per il quale si rallegra l’agente.

Chiudilo, chiudilo, chiudilo che cade”. No, merda, non è caduto”. Sono caduti in via Quaranta”. “Bene”.

Queste registrazioni richiamano subito quelle prese in esame dalla magistratura durante le indagini sulla mattanza di Genova, durante il G8 del 2001: per ricordarne una, in un agghiacciante colloquio tra sala operativa e agenti in strada, uno di loro affermò “Speriamo che muoiano tutte, quelle zecche” ed il collega rispose “Tanto è già uno a zero per noi”, con ovvio riferimento all’uccisione di Carlo Giuliani.

Oltre venti anni dopo il G8 di Genova, nuovi inquietanti interrogativi

Ad oltre 20 anni da quei drammatici fatti, che con le violenze ingiustificate e premeditate, ai limiti della tortura, le menzogne e le prove false prodotte per giustificarle, segnarono il punto più basso per la credibilità delle forze dell’ordine nel nostro Paese, da questo episodio emergono nuovamente inquietanti interrogativi sul rapporto tra lo Stato e i suoi cittadini, sull’uso sproporzionato della forza e sull’idea della propria professione che talvolta traspare nell’operato dei rappresentanti delle forze dell’ordine, in completa antitesi con il loro ruolo istituzionale di garanti della sicurezza.

Sconcerto e condanna

DiEM / MeRA25 esprime sconcerto e auspica che tutte le forze politiche si uniscano

  • nel condannare quanto accaduto;

  • nell’esigere verifiche interne ai corpi delle forze dell’ordine, per individuare eventuali abusi e responsabilità a tutti i livelli, dalla vita nelle caserme allo svolgimento quotidiano delle mansioni di controllo dell’ordine pubblico;

  • nel promuovere un miglioramento continuo nella formazione dei rappresentanti delle forze dell’ordine, per renderli pienamente consapevoli delle indicazioni e dei limiti dell’impiego della forza, in particolare nei confronti di coloro che sono privati della libertà, e dell’importantissimo compito che sono a chiamati a svolgere nel rigoroso rispetto delle regole democratiche.

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