Più di 100 artisti e personalità di spicco hanno firmato una lettera aperta a sostegno degli scioperi della fame a Bruxelles. Tra i firmatari il co-fondatore di DiEM25 e leader del MeRA25 Yanis Varoufakis e alcuni componenti dell’Advisory Panel, il comitato consultivo di DiEM25 – tra cui Noam Chomsky, Brian Eno e Ken Loach.
Farida ha 51 anni. È nata in Belgio. Tutta la sua famiglia ha la nazionalità belga. Farida ha un lavoro fisso. Pulisce uffici ed edifici pubblici, per 6-8 euro all’ora. La sua ultima richiesta di regolarizzazione del suo status amministrativo è stata respinta e ora è soggetta a un ordine formale di lasciare il territorio, emesso dallo stato.
Kiran è fuggito da una guerra civile in Nepal e ha presentato una richiesta di asilo in Belgio, 16 anni fa. Mentre la sua richiesta d’asilo era ancora in sospeso, ha trovato un lavoro. Veniva pagato 10 euro all’ora. Quando la sua richiesta di asilo è stata respinta, il suo salario è sceso a 2,5€ all’ora. Sua figlia, nata in Belgio, ha ora 5 anni e parla correntemente il fiammingo che ha imparato a scuola. La famiglia ha presentato cinque domande di regolarizzazione, tutte respinte.
Mohamed vive in Belgio da 17 anni. Fa tesoro di una vecchia foto dell’inaugurazione della nuova metropolitana di Bruxelles. “Ho lavorato nei cantieri pubblici. […] Abbiamo scavato i tunnel della metropolitana che collegano le quattro linee. È stata dura. Quello che ricordo più vividamente è che eravamo sempre a corto di ossigeno”. Mohamed lavorava per un losco subappaltatore “senza alcuna assicurazione o protezione”. Aggiunge “se eravamo fortunati, ci pagavano 3€ all’ora”.
Farida, Kiran e Mohamed fanno parte di un collettivo politico composto da 475 migranti senza documenti. Da 50 giorni, hanno fatto occupazione e condotto uno sciopero della fame in tre siti di Bruxelles (due università e una chiesa). Dopo essersi impegnati in forme più tradizionali di azioni politiche (lobbying, manifestazioni, occupazioni, ecc.) e spinti al limite dalle conseguenze della pandemia di Covid-19, hanno deciso di ricorrere a un’azione politica di ultima istanza: hanno reso visibile sulla loro carne la violenza a cui sono sottoposti quotidianamente. Ridotti dal loro sfruttamento economico allo stato di puri corpi, hanno trasformato i loro organismi nel luogo della lotta per il loro riconoscimento legale. Secondo i medici che li assistono, il loro sciopero della fame è entrato nella fase “critica” due settimane fa. I loro corpi, avendo bruciato tutti gli zuccheri e i grassi, cominciano a consumare i propri organi, incluso il cuore. La morte diventa dunque una minaccia reale e imminente.
Richieste semplici
Le richieste dei migranti senza documenti sono semplici. Primo, vogliono che gli scioperanti della fame siano regolarizzati. Secondo, vogliono che la definizione di criteri chiari e permanenti di regolarizzazione, che sarebbero applicati da una commissione indipendente, sia messa nell’agenda politica del governo.
L’attuale segretario di stato per l’asilo e la migrazione, il cristiano-democratico Sammy Mahdi, rifiuta di aprire qualsiasi trattativa su questa base. Ricorre a un argomento pesante per giustificare la sua rigida posizione: i migranti senza documenti hanno ricevuto un ordine di lasciare il territorio, emesso dallo Stato, al quale non hanno ottemperato. Sono quindi individualmente responsabili della loro situazione amministrativa.
È sufficiente questo formalismo giuridico per giustificare la negazione di uno status giuridico ai migranti senza documenti? Si nasconde convenientemente sotto il tappeto il fatto che il Belgio (e più in generale l’Unione Europea) spesso produce la situazione irregolare dei migranti. In Belgio ci sono 150.000 persone che vivono e lavorano senza documenti. Secondo uno studio del Pew Center, circa 3,9-4,8 milioni di persone all’interno dell’UE sono migranti senza documenti.
Questo numero enorme è il risultato di un cambiamento deliberato nella progettazione delle politiche migratorie. Negli ultimi 20 anni, gli stati europei hanno ridotto collettivamente e drasticamente i percorsi di migrazione legale verso l’Europa. Hanno promosso pratiche restrittive e arbitrarie all’interno della loro amministrazione pubblica, inasprendo per esempio le condizioni per rinnovare i permessi di soggiorno temporanei – il che ha spinto molti migranti in uno status irregolare. Hanno esternalizzato il delicato compito di controllare le frontiere esterne dell’Europa, delegando questa responsabilità agli stati vicini (come la Turchia e la Libia) i cui risultati in materia di benessere dei migranti sono a dir poco scadenti. Hanno anche permesso che i loro mercati del lavoro si segmentassero tra lavoratori con e senza documenti, il che alimenta ulteriormente il dumping sociale in settori economici che non possono essere esternalizzati (edilizia, ristorazione e ospitalità, assistenza, ecc.), facilitando lo sfruttamento di una forza lavoro insicura.
Questo formalismo giuridico trascura anche la storia particolare delle politiche migratorie del Belgio. Negli ultimi decenni, più o meno ogni dieci anni, il Belgio si rende conto che ci sono molti migranti senza documenti che vivono sul suo territorio e che questa situazione è insostenibile a lungo termine. Il Belgio procede quindi a campagne di regolarizzazione su larga scala ma temporanee (nel 1999-2000 e poi nel 2009-2011), giurando ogni volta che questa sarà l’ultima. Al contrario, la Francia e la Spagna hanno concluso da tempo che questa gestione erratica della migrazione portava a un vicolo cieco politico. Hanno optato per stabilire alcuni criteri chiari e permanenti (come la durata del soggiorno, un lavoro stabile, legami sociali provati, ecc.) in virtù dei quali i migranti senza documenti possono essere regolarizzati su base continua e individuale.
Paura dell’estrema destra
Il governo belga – come molti altri governi in Europa – sta commettendo un grave errore politico. È pietrificato dall’ascesa dei partiti nazionalisti di destra. Sta tentando di distinguersi da questa offerta politica (pur facendo appello al suo elettorato) attuando delle politiche migratorie “ferme ma umane”. Ma pragmaticamente ciò significa che il governo belga sta al momento attuando una versione annacquata della piattaforma sulla questione migratoria promossa dai partiti nazionalisti, pur sostenendo di tenere in grande considerazione i diritti umani e le norme del diritto internazionale.
Un tale approccio equivale a un doppio fallimento. Infatti, implica che i partiti xenofobi abbiano le risposte politiche giuste alla migrazione, mentre contaminano i valori universali a cui si riferiscono. Per lottare contro l’estrema destra, non si coopta la sua agenda politica. Per lottare contro l’estrema destra, si contestano le sue idee, espresse nella sua retorica e nelle sue azioni.
Per tutte queste ragioni, esortiamo il governo belga a riprendere al più presto il dialogo con gli scioperanti della fame nella prospettiva della loro regolarizzazione e a lanciare una riforma politica che stabilisca dei criteri chiari e permanenti di regolarizzazione per il futuro.
Questa lettera è co-firmata da:
Ken Loach [componente dell’Advisory Panel di DiEM25]; Fratelli Dardenne ; Noam Chomsky [componente dell’Advisory Panel di DiEM25]; Roger Waters ; Christiane Taubira; Agnès Jaoui ; Agnès B ; Brian Eno [componente dell’Advisory Panel di DiEM25]; Costa Gavras ; Michele Ray Gavras ; Saule ; Susan George [componente dell’Advisory Panel di DiEM25] ; Dominique Gros ; Radu Mihaileanu ; Cédric Herrou ; Dominique Blanc ; Judith Butler ; Irène Jacob ; Marianne Denicourt ; André Wilms ; Yanis Varoufakis [co-fondatore del DiEM25 e leader del MeRA25] ; Jean Ziegler ; Ai Wei Wei ; Peter Gabriel ; Bouli Lanners ; Virginie Ledoyen ; Natacha Regnier ; Liam Cunningham ; Jeanne Balibar ; Marius Gilbert; Emmanuel André ; Robert Guediguian ; Françoise Tulkens ; Annemie Schaus ; Aki Kaurismaki ; Mike Leigh ; Etienne Balibar ; Philippe Geluck ; Achille Mbembé ; …
Versione italiana a cura di Michele Fiorillo e Monica Cirigliano
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